La foresta precede i popoli, il deserto li segue. Chateaubriand

Lo scorso week-end, in occasione della prima lezione del corso di formazione per i nuovi docenti de L’Orto in Campania, abbiamo avuto il piacere di ospitare Stefano Pescarmona, professore di agroecologia all’Università di Scienze Gastronimche di Pollenzo e consulente di aziende agricole di mezza Italia.

Con lui abbiamo parlato di ciò che in agricoltura bisogna curare più di qualunque altra cosa: il suolo. Una certa agricoltura considera la concimazione una pratica con cui nutrire le piante con sali minerali “morti”, un’altra agricoltura, l’agroecologia, la interpreta come mantenimento della vitalità, trattando i terreni agricoli come degli ecosistemi da curare e coltivare (siamo nell’ambito della “cultura” non della “natura”). I risultati agronomici, e quelli ecologici, saranno direttamente proporzionali allo stato di salute dell’ecosistema “suolo”.

Agli argomenti teorici abbiamo abbinato pratiche in orto: pacciamature, osservazione delle consociazioni, analisi tattile del suolo, riconoscimento di insetti e piante infestanti…

Ma il tema delle lezioni non era soltanto quello agroecologico, un’analisi approfondita è stata dedicata alla differenza tra le più comuni gestioni agronomiche: convenzionale, integrata, biologica, biodinamica (compresi gli elfi di quest’ultima).

Battute a parte, le aule del nostro corso di formazione non conoscono pregiudizi e dunque a partire da autori quali Rudolf Steiner e Antonio Pascale, i coniungi Bourguingnon e Dario Bressanini ci si è molto interrogati tra i confini di materie che spesso non si parlano, cercando di approfondire i limiti attraverso cui la scienza muta in epistemologia, la politica in pensiero scientifico, l’agronomia in economia, ecc. inseguendo un’integrazione tra “pensiero scientifico” e “prospettiva umanistica”, consapevoli che per un serio discorso pedagogico la sintesi tra questi due aspetti del sapere è l’unica strada percorribile.