“Eh ma oramai ci si atteggia ad ambientalisti. C’è proprio la moda del pensiero verde e della cosiddetta green economy”. Partendo da un commento così poco sagace, probabilmente, si può arrivare a partorire una considerazione abbastanza condivisibile.
La prima risposta provocatoria che vien da scrivere a chi parla in certi termini, infatti, è semplice:”E quindi? Se anche il “pensiero verde” divenisse una moda? Se per una volta la cultura di massa convergesse non verso il superfluo ed il vuoto ma verso il concreto e necessario?”.
Insomma: se si abbandonasse il consueto, pigro ed odioso qualunquismo moralista e si riuscisse a far nascere anche nei giovanissi la “moda” del riutilizzo? Magari si riuscirebbe sul serio a diffondere un sano spirito d’emulazione colletiva in grado di far diventare “cool” il riciclo, la razionalizzazione delle risorse e lo sviluppo-utilizzo delle energie rinnovabili.
Per carità: non voglio (o forse si?) viaggiar troppo ingenuamente verso scenari utopistici di mondi perfetti e privi di cialtroneria ed avidità, ma pensiamoci per un attimo: mai come in questo caso il fine giustificherebbe il mezzo.
Certo anche nel campo della “green economy” c’è chi specula e disinforma; chi gioca sull’approvazione acritica di tutto ciò che, perdonate il gioco di parole, per natura sembra naturale e quindi buono et bello. Però questo dato oggettivo non deve far altro che rinforzare la voglia di conoscenza critica e di allontanamento dalla banalità dei modaioli e dalla retorica, altrettanto scontata ed incosapevole, degli alternativi per forza.
Creare una “coscienza verde” significherebbe educare e non persuadere; trasferendo quindi il messaggio che, smettere di vivere nello spreco, non è una menata da “ambientalisti” ma una scelta obbligata quanto saggia che dovrebbe riguardare tutti. In questo il Ri-Festival potrebbe essere un glorioso e motivante punto d’inizio. Un pezzo di buon senso in una mare di folli macerie.
1 Comment
Sono in sintonia con le tue parole. E’ una questione di “quantità” non di “qualità” soprattutto quando gli imperdonabili ritardi costringono a rincorrere gli eventi.